Danno da infezione nosocomiale: la struttura sanitaria deve provare di avere adottato tutte le misure utili in ottica di prevenzione
Il riferimento è, nello specifico, a misure consistenti nell’indicazione dei protocolli di disinfezione, sterilizzazione, controllo degli ambienti, sorveglianza e monitoraggio. Non sufficiente la mera dimostrazione dell’osservanza delle regole di prevenzione nei soli luoghi, come le sale operatorie, dove si attuano manovre cruente

In materia di responsabilità della struttura sanitaria per infezioni nosocomiali, l’accertamento deve essere effettuato sul campo e sulla base dei criteri temporale, topografico e clinico. Perciò, la struttura sanitaria sotto accusa, a fronte della prova presuntiva della contrazione dell’infezione in ambito ospedaliero, deve provare di aver adottato tutte le misure utili alla prevenzione dell’infezione, misure consistenti nell’indicazione specifica dei protocolli di disinfezione, sterilizzazione, controllo degli ambienti, sorveglianza e monitoraggio, non essendo sufficiente la mera dimostrazione dell’osservanza delle regole di prevenzione nei soli luoghi, come le sale operatorie, dove si attuano manovre cruente.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 17145 del 25 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il delicato caso di un uomo ritrovatosi, all’improvviso e inaspettatamente, dopo un intervento chirurgico, con una positività all’epatite.
A sorpresa i giudici di merito hanno respinto, sia in primo che in secondo grado, l’istanza risarcitoria, nonostante le accertate circostanze di fatto: le analisi eseguite prima dell’intervento non avevano accertato né la positività all’epatite, né alcuna anomalia nei valori delle transaminasi, mentre quelle eseguite dopo le dimissioni dall’ospedale avevano evidenziato tanto le suddette anomalie quanto la positività al virus.
Per i giudici d’Appello, in particolare, non può assumersi con certezza che l’infezione sia stata contratta durante la degenza ospedaliera e che non possa assumersi con un rilevante grado di probabilità che l’uomo abbia contratto l’infezione proprio in occasione del ricovero e della successiva degenza.
Inoltre, sempre secondo i giudici d’Appello, l’uomo, pur allegando di aver contratto il virus durante il lungo periodo di ricovero, non ha indicato quale condotta (commissiva od omissiva), imputabile alla struttura sanitaria, possa avere determinato il contagio. Mentre la struttura sanitaria ha dato prova di avere debitamente rispettato le regole per la prevenzione delle infezioni poste alla base dell’organizzazione dei luoghi dove si attuano manovre cruente (sale operatorie, sale di medicazione, sale radiologiche, ecc.).
Per i giudici d’Appello, quindi, non vi è prova che la causa del contagio sia da ascrivere ad una responsabilità della struttura ospedaliera, non potendo, del resto, escludersi che il contagio sia stato determinato da altre cause, quali la trasmissione sessuale, l’utilizzo di dispositivi estetici, di strumenti di toilette, ecc..
Questa visione viene censurata dai magistrati di Cassazione, i quali precisano che non può essere considerata liberatoria la prova dell’osservanza delle regole di prevenzione dell’infezione nei soli luoghi (sala operatoria, di medicazione, di radiologia, ecc.) in cui vengono attuate le cosiddette manovre cruente, ma si deve esigere, in tal senso, la dimostrazione dell’avvenuta adozione di misure specifiche, in quanto utili alla prevenzione dell’infezione.
In generale, poi, la responsabilità della struttura sanitaria per infezioni nosocomiali, non avendo natura oggettiva, esige, però – a fronte della prova presuntiva, gravante sul paziente, della contrazione dell’infezione in ambito ospedaliero – che la struttura provi di avere adottato tutte le misure utili alla prevenzione dell’infezione stessa, consistente nell’indicazione: dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali; delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria; delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami; delle caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande; delle modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti; della qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento; dell’avvenuta attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica; dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori; delle procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e delle profilassi vaccinali; del rapporto numerico tra personale e degenti; della sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio; della redazione di un report da parte delle direzioni dei reparti, da comunicarsi alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella; dell’orario delle effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.